Mura, per quel pendìo, sovra quell'ertoCiglione, in quella valle, avea di santi
Affanni e santi gaudii conversato,
Di repente corrucciasi, e la fronteColla palma fregando, a sè ridice:
Via quelle stolte rimembranze! obbrobrioL'onorar d'un sospiro i dì bugiardi,
Che amabil tanto mi pingean quel tristo!"
Men concitato da alterigia, aveaCamillo a dame ed a baroni ufficio
Pacifero richiesto. E quelle e questiSordo trovaro a lor parole Irnando.
Ma alla dolce Ildegarde or molto incresceQuesta fera discordia; ognor paventa
Che i fremebondi prorompano a guerra.
- Freddi interceditori, o sposo mio,
Forse fur quelle dame e que' baroniDi cui mi narri. Di te degno oh come
Stato sarebbe il presentar te stessoCon amabil fidanza e quell'iroso!
- Che parli, o donna? Io, non colpevol, ioCodardamente supplice a' suoi piedi!
- Codardìa consigliarti, o mio diletto,
Potrebbe mai la sposa tua? DinanziA lui, supplice no, ma con onesta
Securtà mosso io ti vorrei. Da quantoPinger mi suoli di quel prode offeso,
Incapace ci sarìa di fare ingiuriaA chi chiedesse entro sue torri ospizio. -
Se il pio consiglio accolga, esita alcuniGiorni Camillo; indi alla sposa: - O amica,
A tanto, no, non posso umilïarmi;
Ma non perciò mi ristarò da spemeDi pacificamento. Un messaggero
Mai non mandai direttamente ancoraCon parole d'onore all'orgoglioso.
Forse gli estranei intercessori sdegna,
Ma vedendo a sè innanzi un mio scudiero,
E amici detti per mia parte udendo,
Commoverassi, e non vorrà esser menoGeneroso di me. -
Compie Camillo
La divisata prova.
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Irnando Ildegarde Camillo Camillo
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