Lo scudier ravvisare. È desso, è desso.
Al cavalier rimescolasi il sangue,
E contener non puossi. Il ponte varca,
Discende in fretta la pendice; incontroAl vegnente lo stimola sfrenata
Smania d'udir.
- Perchè sì tardo movi?
Gridagli. -
I passi addoppia il fido, e parla:
- Signor del tuo nemico entro la sogliaAppena addotto io fui...
Camillo udendoSuo nemico nomarlo, impallidisce:
E l'altro segue:
- Appena addotto io fui,
I sensi tuoi gli esposi.
- In quali accenti?
- Quali a me li dettasti. Oh cavaliero!
Dissigli, il signor mio, dopo ondeggianteCon sè stesso luttar, cede al bisogno
Di ricordarti sua amistà, di sciorre,
Per quanto è in lui, quel gel, che rie vicendeFrapposto aveano fra il suo core e il tuo.
Io proseguir volea. Rise il superboAmaramente, ed esclamò: Non gelo,
Ma orrendo sangue è fra i due cor frapposto! -
Proseguii nondimen, tuoi decorosiSensi esponendo. A' primi istanti vinto
Da prepotente anelito parea,
Sebbene al riso s'atteggiasse ognora,
Ed ostentasse di vibrarmi i guardiDella minaccia e del dispregio. Ei detti
Di maggiore umiltà dal labbro mioCerto aspettava. Non trascesi: umìle,
Ma dignitosa serbai fronte e voce;
Ed ei sognò ch'io lo schernissi. AudaciSon tue pupille, o giovine! proruppe;
Abbassale! - Non già! Timor non sente,
Risposi, di Camillo un messaggero.
- Mandotti il temerario ad insultarmi?
Riprese urlando, a far vigliacca provaDella mia pazïenza? A tentar s'io
Contaminar vo' mia illibata fama,
Tua vil pelle col mio ferro toccando,
O alle fruste segnandola? Va, stoltoIncettator di vituperi e busse;
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Camillo
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