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      Riporta al signor tuo, ch'uom che si penteDe' tradimenti suoi, ch'uom che desìa
      L'amistà racquistar d'un generoso,
      Con ambagi non parla, e schiettamenteDice: Il cammin ch'io tenni era turpezza.
      A sì indegne parole arsi di sdegnoPer l'onor tuo. Via di turpezza mai
      Non calcherà, mai non calcò il mio sire!
      Gridai. Ruppe il mio grido, e con un fiumeDi fulminea infrenabile eloquenza,
      Tutta rammemorò la sciagurataStoria del trono combattuto. E questa
      Fu una trama, al dir suo, d'illustri iniquiStriscianti a piè del volgo, e lordamente
      Convenuti d'illuderlo e spogliarlo.
      E tu.... fremo in ridirlo.
      - Io? Segui.
      - Un vilePatteggiator di condivisa infamia,
      E condivisi lucri.
      - Ei ciò non disse!
      Ei ciò non disse!
      - Il giuro.
      - E non troncastiLa scellerata voce entro sua gola?
      - La troncai svergognandolo. E costrettoFu ad arrossire e replicar: Non dico
      Ch'ei fosse, ma parea di condivisiLucri patteggiatore, e per lavarsi
      Di macchia tal non bastano le ambagi.
      Solennemente si ricreda, e proviChe insensato, ma mondo era il suo core;
      Provi ch'egli esecrato ha le perfidieDe' nemici del re; ch'egli esecrato
      Ha l'opre inique ond'or l'impero è afflitto!
      Viltà sembrato mi sarìa modestiAccenti opporre ad arroganza tanta.
      Tel confesso, signor: ciò che gli dissiAppena il so. Non l'insultai, ma cose
      Di foco, certo, mi piovean dal labbroContro a' denigratori; e di te laude
      Tal gli tessei, che fu colpito e plause.
      Va, buon servo, mi disse; amo il tuo ardire,
      ma non del tuo signor la ipocrisia.
      - Oh ciel! diss'egli ipocrisia? Ingannato


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291