Tanto per lei vieppiù si senton, quantoA' pargoletti lor vieppiù è cortese.
- Oh come a te in bellezza, o mia vicina,
Questa bimba somiglia!
E ciò Ildegarde
Dicendo, preme lungamente il labbroSovra la rosea guancia paffutella
Della cara angioletta, e la baciucchia.
Poscia gitta la mano amabilmenteSulle ricciute chiome del fanciullo,
E qua e là le palpa, indi pel ciuffoA sè lo trae, e, baciatolo, gli dice:
- Sai tu che appunto sei, qual mi fu pintoDa fedel dipintore, il padre tuo
Ne' suoi giorni d'infanzia? InanellatoIl fulvo crin, larga la fronte, arditi
E amorevoli gli occhi...
E questi dettiPronunciando Ildegarde, involontaria
O accorta, alzava paventoso un guardoSul cavaliero. Ed ei si perturbava
Ricordando Camillo. Allor la piaAmbagi più non volve; e con candore
Dice quanta cagion siale di tristoRincrescimento il dissentir d'Irnando
E di Camillo.
- O degna Elina! ov'ancoD'uno dei duo per indomato orgoglio
Quella discordia non cessasse, amicheEsser non possiam noi? Commiserarci
Non possiam noi di questa ria fortuna,
Ed amar nostri sposi, e niun furoreLor condivider che sia oltraggio al dritto?
Dall'anima d'Elina un "sì!" prorompe,
E si stringono al seno.
Irnando balzaRapito a quella vista, a quegli accenti,
E vorrìa discolparsi; ad Ildegarde
Vorrìa provar nessuna esso aver colpaNell'odio sorto fra Camillo e lui.
Strano mortal! mentr'ei d'inenarratiSpregi e d'ingratitudine a Camillo
Accusa vibra, il corruccioso lagnoCon cui ne parla, non par quel dell'odio,
Ma d'un amor geloso. Ei non perdonaAll'uom ch'ei tanto amava, essersi fatto
| |
Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
|
|
Ildegarde Ildegarde Camillo Irnando Camillo Elina Elina Ildegarde Camillo Camillo
|