Le due donne riedean, ma fremebondaSempre era Elina, e, tramontato il sole,
Moveva a casa delirante d'iraE di dolore; ognor vituperata
Ma affettüosa la seguìa Ildegarde.
Odon lontane grida, e nella valle,
Come all'usato i guardi avidamenteCon palpiti d'amor gettano entrambe
E di speranza e di paura. Il caneDrizza i villosi orecchi, ed un acuto
Insolito latrato alza, e si scagliaGiù per la praterìa precipitoso,
Folte siepi saltando ed ardui fossiE scoscesi macigni. E ad intervalli
Sparisce e ricompare, e tace, e abbaia,
Nè mai s'arresta.
- E sarà ver? Son dessi,
Son dessi certo! Esclamano a vicendaCon ebbrezza febbril le desïose.
Ma se alle lance reduci or mancasseUno de' capitani, od ambo forse?
Oh spaventoso dubbio! Oh sventurate!
Chi ne assecura?
Sì dicendo, il passoRaddoppiano affannate. Al piano giunte,
Odon le scalpitanti ugne velociD'uno o duo corridori: ah fosser duo!
Fosser de' duo baroni i corridori!
Scerner gli oggetti mal lasciava un densoNembo di polve. Ah sì! Lor lance appunto
Camillo e Irnando precedean, con ansiaDi riveder le dolci spose. Oh gioia!
Oh certezza felice! Il lor salutoSuona per l'aer, ben son lor voci queste.
Eccoli; balzan dall'arcione. Oh amplessi!
Oh istante indescrittibile! E il consorte,
Poichè ciascuna ha stretto al seno, e assaiL'ha coperto di lagrime e di baci,
Ciascuna dell'amica infra le bracciaGittasi giubilando.
- Il dolor mioAspra mi fea: perdonami Ildegarde.
E Ildegarde alla suora il detto tronca,
Ponendo bocca sovra bocca, ed ambePur di lagrime bagnansi. I fanciulli
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Elina Ildegarde Irnando Ildegarde Ildegarde
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