Preso frattanto ha fra le braccia Irnando,
E accarezzato li accarezza, e godePorgendoli a Camillo, e di Camillo
La nova tenerezza rimirando.
Mentre ascendono il colle, evvi un bisbiglio,
Un esclamar, un alternarsi accentiDi cortesia e d'amore, un romper folle
In pianto e in riso, un mescolar dimandeE risposte e racconti, e i cominciati
Detti obblïar per detti altri frapporre,
Che niun di lor cosa veruna intende.
Nel castello d'Irnando entrano. E assisiNella gran sala - e da donzelle e fanti
Portate l'ampie coppe - e zampillatoFuor de' fiaschi ospitali il ribollente
Dal roseo spumeggiar bel nibbïolo -
E del giocondo brindisi i sonantiTocchi osservati - e roborato il core -
Allor le maschie voci alzano a garaI baroni, e ripigliano il racconto
In più seguìta, intelligibil foggia:
- Oh qual buon genio t'ispirò, Ildegarde,
Te in così tempestiva ora spingendoA rannodar fra Irnando e me l'amato
Vincol che stoltamente io franto avea! -
Così Camillo, e l'interrompe l'altro:
Io lo stolto! Io il feroce! -
E quei la manoSovra il labbro gli pon rïassumendo:
- Oh qual buon genio t'ispirò, Ildegarde!
Perduto er'io, se redentrice possaD'amistà non venìa. L'assedïante
Ladron dapprima sbaragliai, ma il tristoNovella frotta ragunò. Me chiuso
Nel castel della suora, egli ogni giornoSchernìa e sfidava. Io sul fellone indarno
Prorompeva ogni giorno: ahimè! gli sforziDel valor mio nulla potean su tanto
Nover crescente di nemici. A noiGià le biade fallìan, già fallìan l'armi,
E già il cessar d'ogni speranza e il cruccioRabido della fame a' guerrier nostri
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Irnando Camillo Camillo Irnando Ildegarde Irnando Camillo Ildegarde
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