Il pöetico secol, che dall'ombraGigantesca di Dante e dalle pure
Armonìe di Petrarca, e più dal lumeD'ammirabili Santi, era di molti
Olocausti di sangue consolato.
Fra gl'Itali dominii, ecco Saluzzo
Non ultima in possanza: eccola alteraDi lunga tratta di montagne e valli
E feconde pianure, e di castellaGovernate da prodi: eccola altera
De' prenci suoi. La marchional coronaFregia Tommaso, affratellato ai grandi
Ghibellini Visconti, onde Roberto
Angiöin dalla sua Napoletana
Splendida reggia freme, e agguati ordisce,
Impor bramando con novello prenceA' Saluzzesi il guelfo suo stendardo.
Volgea quella stagion, quando Saluzzo
Vede scemar pe' campi suoi le nevi,
E ogni dì s'avvicendano i gelatiEstremi soffi dell'inverno, e l'aure
Che già vorrebbe intepidir l'amicaPossa del Sol che a ricrëarci torna.
E volgeva una sera, ed a tard'oraEntro alla cara sua celletta prono
Stava orando il canuto Ugo, dolenteChe involontaria a' preghi si mescesse
Nel suo intelletto or questa cura or quellaDi Staffarda pel chiostro, onde ei cingea
L'infula veneranda. E benchè anticoNelle salde virtù di pazïenza
E d'umiltà, pur non potea ne' preghiTrovar facìl quïete, anco ove miti
Talor del monaster fosser gli affanni,
Perocch'ei molte conoscea secreteD'alti alberghi sfortune e di tugurii,
E d'innocenti peregrini oppressi;
E la mente magnanima del vecchioCompatìa in tutti i cuori illustri o bassi
Delle colpe gli strazi e quei del pianto.
Or mentre inginocchiato ei le divineGrazie per tutti invoca, ode la squilla
Che a notte suona il vïator venuto
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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