Lunghe le imprese, ed il mio re frattantoPer vantaggi non suoi perde i suoi prodi!
- T'acqueta, dice con infinta calmaIl fremente Manfredo; oltre poch'ore
Non dureran gl'inciampi: un solo bastaGagliardo assalto, e il disporrem veloci.
Mentre a dispor l'assalto ardimentosiCoopran gl'intelletti de' supremi
E l'obbedir delle volgari turbe,
Congegnando, apprestando armi, brocchieri,
Ferrate travi e macchine scaglianti,
E tutta la pianura è voce e motoE cigolìo di carri, e picchiamento
Di mannaie che atterrano le piante,
E stridere di pietre agglomerate,
E in mezzo alle fatiche or la bestemmiaE l'impudente ghigno, ed ora il canto -
Dentro Saluzzo non minor s'avvivaIl poter delle menti e delle braccia
Per la sacra difesa. Ignoti e pochiSono gl'interni traditori, e a mille
Ardono i cuori allo stendardo unitiDel marchese Tommaso. Ei di que' prenci
Magnanimi era, ch'ove rischio appaia,
Brillan di nova luce, e più sublimeHan la parola, e più sublime il guardo,
E quasi per magìa destan ne' pettiDella poc'anzi malignante plebe
Amor, concordia, ambizïon gentile.
Pressochè in tutte l'alme ivi obblïato
È questo o quell'error che, apposto o vero,
Jer gran macchia parea sovra Tommaso:
Più non vedesi in lui che un assalitoPosseditore di paterni dritti,
Un amato signor, una man piaChe premiava e puniva e sorreggeva,
E ch'uopo è conservar. Sì che la stessaBellissima Riccarda, onde cotanto
A' Saluzzesi dispiacea la stirpe,
Più d'abborrita origine non sembra,
Or che il popol la vede paventosa,
Ma non già vil, dividere i perigli
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Manfredo Saluzzo Tommaso Tommaso Riccarda Saluzzesi
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