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      Or di cospicui presuli, or d'umiliFraticelli o romiti in patrocinio
      Degl'innocenti, era parola invittaChe con pronti rimorsi il tormentava,
      Sì che riedesse a carità ed onore.
      Compagno fessi al vecchio Ugo per moltiPassi Eleardo oltre al terren coperto
      Da quelle schiere di crudeli armati,
      Indi, con grave d'ambidue cordoglio,
      Il nipote strappossi dalle invanoTenaci braccia dell'amato antico.
      Ahi! senza pro sclamava questi: - Oh figlio!
      Qui non m'abbandonar! Più fra quell'empieInsegne che il Signore ha maledette
      Pel labbro mio, deh non ritrarre il piede!
      Te ne scongiuro per la sacra polveDella mia suora, a te sì dolce madre!
      Te ne scongiuro per la polve illustreDel tuo buon genitore e de' nostr'avi,
      Che fidi cavalieri ed incolpatiFuron sostegni tutti a chi in Saluzzo
      Stringea con dritto il signorile acciaro!
      Esci dal laccio che al tuo core han tesoI rapaci stranieri! A me, alla patria,
      Al tuo prence ritorna. Infamia e luttoSta con Manfredo, con Tommaso il cielo!
      Udìa Eleardo il prolungato gridoDel supplice canuto, ed il veloce
      Corso intanto seguìa. Ma benchè sordoParesse e irreverente, a lui que' detti
      Eran quai dardi all'anima commossa,
      E vïolenza a sè medesmo ei feaNon fermando il suo corso, e non volgendo
      Il piè per rigittarsi alle ginocchiaDel caro supplicante. Il pro' Eleardo
      S'ostinava per varii ignoti impulsiA ritornar fra i collegati duci,
      Cercando creder ch'ei virtù seguisse,
      Ed Ugo fosse un tentatore, un ciecoD'errori amico. Intende il cavaliero
      Ad ogni vil tentazïon lo spirtoIncolume serbare: idolo intende


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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