Virtų, virtų, non larva farsi alcuna!
Virtų vuol ravvisar, virtų securaNelle giurate splendide fortune,
Che il re Angioėno ai Saluzzesi e a tuttaLa penisola appresta. Ei quel monarca
Ed i suoi capitani, e pių Manfredo
Vuol reputar veraci eroi. Ma pure....
Ad onta del proposto, il sen gli rodeNascente dubbio irresistibil. Cela
Questo dubbio, ma il porta, e cosė giungeTurbato, afflitto ai Manfredeschi brandi.
A molti il cela, sė, non a sč stesso;
E ondeggia alquanto, indi neppur celarloPuō al genitor della donzella amata,
Guerrier, cui lo stringea pių che ad ogn'altroPia reverenza. E sė gli parla:
- Oh Arrigo!
Appartiamci, m'ascolta: allevïarmiD'occulta angoscia non poss'io, se teco
Non ne ragiono come a padre.
Il feroBarone attento il mira, e con presaga
Severitā: - Vacilleresti?
- LieviEstimar bramerei del venerando
Ugo le voci, e non so dirti qualeIn siffatte or benigne or fulminanti
Parole di tant'uom, che onoro ed amo,
Splender raggio tremendo oggi mi paia!
Aggrotta il ciglio Arrigo, e l'interrompe:
- Bada, Eleardo, che al rischioso passoDopo lungo pensar ci risolvemmo;
Or paventar nel cominciato calleObbrobrio fora.
Ma sebbene Arrigo
Al giovin cavalier biasmo gettasse,
Non men del giovin si sentėa coluiPerturbato nel cor, per l'ardimento
Del fatidico abate, e nel futuroNubi scorger pareagli atre e sinistre.
Dissimulava non pertanto, e saldoStava come mortal che da gran tempo
Il proprio senno e i proprii fatti adora.
Tal era il truce Arrigo: ei mille volteMorto sarėa, pria che mostrarsi in gravi
Opre dapprima certo, indi esitante.
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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