Sol esca avesse ambizione ed ira,
E gettasse la larva, e m'apparisseMalefico signor, oh! apertamente
Gli disdirei servigio, e a cielo e terraConfesserei ch'io per error lo amava!
Del magnanimo detto d'Eleardo
Stupisce Arrigo, e corrucciato esclama:
- Supposto indegno è il tuo! Pensa che soloA impermutabil, vero animo guelfo
Sposa n'andrà dell'inconcusso Arrigo
L'obbedïente figlia!
Il disdegnosoVecchio si scosta, e resta ivi solingo
Col suo dolore, e colla sua turbataMa non corrotta coscïenza il prode
Amante cavalier.
- Volli del giustoSeguir la insegna, e voglio: in me desìo
Altro capir non potrà mai! SospettiSol mi ponno assalir che non qui sorga,
Non qui del giusto la bramata insegna.
E se ingannato mi foss'io? Se falsiScorgessi i dritti di Manfredo? Ligio
Ad armi inique ratterriami forsePerfido orgoglio? O ad armi inique ligio
Mi ratterrìa questa laudevol fiammaChe in petto chiudo per Maria, per tale,
Che tutte illustri damigelle avanzaIn bellezza e virtù? Mi farei vile
Per ottener la mano sua? Non mai!
Amarti debbo degnamente, o donnaDi tutti i miei pensier; debbo onorarti
Ogni virtù seguendo e suscitando,
S'anco per onorarti, ah! il più crudeleMi colpisse infortunio, e te perdessi!
Del maggior tempio di Saluzzo all'altoVertice non lontano erge le ciglia,
E curvando ei lo spirto anzi alla croceChe colassù sfavilla, al Signor chiede
Lume a scernere il vero e a praticarlo.
Il divin lume balenogli e crebbeAl guardo suo ne' dì seguenti, alcuna
Non vedendo in Manfredo esser pietosa,
Verace cura nel funesto assedio
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Eleardo Arrigo Arrigo Manfredo Maria Saluzzo Manfredo
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