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      EspìaIl breve tuo delirio: appella, aduna,
      Suscita i forti delle valli. InsiemeV'avvincolate con possenti giuri:
      Pio ghibellino ridivieni e pugna.
      Abbracciò il giovin cavalier le pianteDel magnanimo zio. Questi con forza
      Lo rïalzò, gli,ripetè il comando,
      Gli mostrò i consanguinei trucidatiE il rosso altare e le spezzate croci;
      Raccapricciò Eleardo, il cor gl'invaseLampo di speme, si riscosse e sparve.
      Che avvien di lui, mentre lo zio infeliceRiman nel tempio e fra dolenti voci
      D'alcuni inconsolati villanelliE di pietose donne, a tanti uccisi
      D'ultima carità rende gli ufizi?
      Strazïato Eleardo dal conflittoDe' sinistri pensieri, asceso in sella,
      Simile a forsennato errò per vie,
      Per prati e per arene di torrenti,
      Chiedendo a sè medesmo e al ciel chiedendoChe fare omai dovesse. Un forte impulso
      L'agitava, e diceagli ad ogni istanteD'obbedir senza indugio ai sacri detti
      Del morente Lunello e ai detti d'Ugo,
      Ridivenendo ghibellin. Ma in coreL'astuto angiol del mal gli rinnovava
      Quel lusinghiero dubbio: - E se agli scempiInevitati di que' giorni atroci,
      Che forse gettan falsa ombra malignaSul benefico intento di Manfredo,
      Succedesser davvero inclite proveD'alto senno in Manfredo e di giustizia,
      Sì che alla patria giovamento e lustroPer lunga età tornasse? Impresa egregia
      Senza olocausti non compìasi mai,
      Nè per questi dar loco a terror debbeL'alma del forte, a giusta gloria inteso.
      Così fra le incertezze e le speranzeE i rimbrotti del cor riede Eleardo
      Delle masnade assedïanti al campo.
     
     
     
      IV.
     
      Miseramente ricca è d'infinite


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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