Fallaci industrie coscïenza, i cariProponimenti ad abbellir, pur quando
Luce severa di ragion li danna.
Ma chi d'iniquità volonterosoPer l'infame sentier non move il piede,
Sente per quel sentier, sebben cosparsoDa inferne mani di stupendi fiori,
Un ribrezzo frequente, un indistintoFetor che si frammesce a que' profumi,
Ed il ferma e il sospinge ad arretrarsi;
Simile a que' timori innominatiChe invadon ne' deserti il buon destriero,
S'ivi non lungi s'accovaccia il tigre;
E simile a que' taciti spaventiChe fanno impallidir la verginella,
Quando in sembiante d'uom che di bellezzaAdorno splende, ella ravvisa ignoto
Lineamento, o non so qual favillaNel sorridente sguardo, o non so quale
Moto di labbro che le dice: "Trema!"
In que' presaghi palpiti d'un coreCh'è vicino al periglio, e per potenza
Misterïosa se n'accorge e guata,
V'è la voce di qualche angiolo amanteChe tutti sforzi a pro dell'uomo adopra:
V'è la possa d'Iddio che lume sempreBastevol dona a illuminar suoi figli.
Vane di coscïenza in Eleardo
Son le fallaci industrie: ei sulla frontePorta il corruccio di talun che vive
Fra scoperti ribaldi, e più li mira,
Più inorridisce; e nondimen vorrebbeInsensato scusarli e amarli ancora.
Oh come trista di quel dì esecrandoGiunse la sera, e qual più trista notte
Agitò ognun che, pari ad Eleardo,
Alti e pietosi sensi ivi serbasse!
Ma la dimane di quel dì pur troppoSorse peggior! Repente una perfidia
Entro le mura di Saluzzo avvenne,
Che affrettò la caduta. In vari alberghiScoppiano incendi orribili, ed il volgo
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Iddio Eleardo Eleardo Saluzzo
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