Raccapricciaron di Saluzzo i vinti,
Lor macerie e cadaveri mirando,
Quand'a lor s'apprestàr novelle ambasce.
Clangor repente innalzasi di tromba,
E nel nome abborrito di Manfredo
Gridan gli araldi questo atroce bando:
Esser giusto castigo al contumacePopol de' ribellanti soggiogati,
Ch'ivi su pietra più non resti pietra,
E irremovibilmente or quel castigoCompiersi pria che il sol giunga all'occaso;
Ma perdonata andare ancor la vitaAi puniti felloni, e per clemenza
Che maggiormente moderi il flagello,
Concedersi ad ognuno il portar secoQual ch'egli serbi di tesori avanzo".
Tal legge uscita, il raddoppiato piantoChi dirìa degli oppressi? A que' lamenti
Inesorata del tiranno è l'alma,
Inesorata al supplicar di moltiInfra suoi cavalieri e d'Eleardo:
Forz'è ch'ogni abitante i cari tettiSgombri innanzi la sera, e chi sa dove
Ramingo vada. Non v'è tempo a indugi,
E vedi con sollecito, confusoMoto d'alme avvilite e disperate,
Fra i singhiozzi e fra gli urli incominciarsiL'infelice spettacolo. Agl'infermi
Ed agli avi decrepiti sostegnoFansi gli adulti d'ambo i sessi, e cinte
D'adolescenti e pargoli e lattantiCollacrimar vedi le donne. Ognuno
Che già d'averi non sia privo, or secoGli ultimi tragge vestimenti e arredi.
Di sì misera vista i vincitoriGioìron crudelmente insin che tutta
Fosse la turba delle case uscita.
Frodolento il decreto era a sol fineDi scovrir se ricchezza aveavi ancora
Che al saccheggio primier fosse sfuggita.
Or poichè tutti di lor robe carchiFurono i cittadini, il rio Manfredo
Misericorde spirito ostentando,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Saluzzo Manfredo Eleardo Manfredo
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