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      Sì perchè non abbietto era il suo core,
      Sì perchè astutamente al rio Manfredo
      Volea serbar temuto un avversario,
      E sì perch'egli al generoso sennoEd alle scaltre previdenze unìa
      Non leve sete d'oro: immenso chiedePel vinto sir riscatto ai ghibellini.
      Ma che diss'io, nel provenzal baroneImmaginando non abbietto il core?
      Qual fu pietà la sua, mentre di scherniOsò abbevrar fuor di Saluzzo, a' piedi
      De' trionfati muri, innanzi a tutteLe invereconde vincitrici squadre,
      L'illustre prigionier, lui dichiarandoSpoglio di signorìa? lui dividendo
      Da' lagrimosi tenerelli infanti,
      Che al sir d'Acaia fur commessi e trattiDi Pinerol nella superba rocca?
      L'infelice Tommaso a sorso a sorsoD'amara prigionìa sorbì la tazza,
      Prima in Cardeto brevi dì, poi chiusoDi Savigliano entro il castel, poi tolto
      Maggiormente alla vista de' mortali,
      E seppellito in solitaria torre,
      Di Pocapaglia sovra l'erta cima,
      Indi levato da quel forse troppoMal securo deserto, e fra le mura
      Di Cuneo inespugnabili nascoso.
      Non sì tosto compita, ahi! di Tommaso
      Fu la caduta dall'avito seggio,
      Volò del tristo avvenimento il gridoPe' saluzzesi piani e per le balze,
      E l'intese Eleardo entro a' suoi boschi.
      Disconfortati allora esso e i compagni,
      Depongon le arditissime speranzeAccarezzate nella prima ebbrezza,
      O se tutti non vonno appien deporle,
      In avvenir remoto, indefinitoLe vagheggiano omai. Son ripetuti
      D'amicizia fra loro e di costanteCor ghibellino i dolci giuramenti,
      E con dolor s'abbracciano bagnandoDi lagrime fraterne i forti petti,
      E chi per questa sponda e chi per quella,


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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