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      Di Saluzzo ch'io canto, abbenchè tristi.
      Gioventù inferocìa, ma valorosiVecchi brillavan sui crescenti ingegni
      Per nobil fama di bontà e prodezza.
      Fra tai canuti un prence grandeggiava,
      E Giovanni era, l'invincibil sireDell'alte torri di Dogliani. Ei nato
      All'avo di Tommaso era fratello,
      E niun de' feudatarii dominantiS'agguagliava a Giovanni in virtù schiette
      D'amico e padre e leal servo a quelliChe abbisognavan di consiglio o scampo.
      In dì lontani ei superava i milleCavalieri compagni in patrie pugne,
      Ed in pugne oltremar, sotto il vessilloDe' campioni di Cristo: or men robusto
      È il braccio suo, ma pronta sempre e forteLa intelligenza e immacolato il core.
      Grande è la fè del venerato prodePel suo nipote or prigionier, ch'egli ama
      Siccome dolce padre ama il suo figlio,
      E ad un tempo siccome un pio guerrieroAma il signor cui vassallaggio debbe.
      Giovanni con baroni altri devotiA ghibellina parte ed a Tommaso
      S'adopravan solleciti, sì ch'oroAdunar si potesse e adunar gemme,
      Al fine urgente di comporre il chiestoSpaventoso tesoro, onde al marchese
      E a sua progenie libertà riedesse.
      Un dì alle sale di Dogliani avevaA non lieto convito egli parecchi
      Fervidi amici accolto, a consultarsiCoi lor fidi intelletti e a stimolarli,
      Prodigando con bello accorgimentoLodi e parole di speranza e preghi.
      Dopo la mensa i congregati forti,
      Nel bollor de' pensieri e de' colloqui,
      Facean di voci rintronar le auguste,
      Adornate di ferri, alle pareti,
      Allor ch'entrò il valletto d'armi, e nunzioFu dell'arrivo d'Eleardo.
      Al nome


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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