D'Eleardo s'aggrottano le cigliaDe' ghibellini.
- Ingresso entro tue muraDarai, Giovanni, all'arrogante guelfo?
- Venga il fellon. Certo, Manfredo il manda:
Udirlo giova.
Non sapeano alcuniInfra quei generosi fremebondi
Ch'Eleardo si fosse un di coloro,
I quai, vedute l'ultime rapine,
Disperata battaglia avean con gloria,
Benchè indarno, arrischiato entro Saluzzo.
Ei nella sala addotto vien. SeveroSalutevole cenno appena a lui
Movon gl'irati ghibellini.
- DondeTu, guelfo, a me?
- Sir di Dogliani, al cieloPiacque arricchir le avite mie castella
Di non lieve tesor. Vedi tal borsaE orïentali perle ed adamanti,
Che saranno alcun che, perchè s'affrettiDell'infelice signor mio il riscatto.
- -Che veggo? Agli occhi miei creder poss'io?
Tu che a Manfredo!...
- A lui sacrato ho l'armiCredendol pio liberator: lo vidi
Menzognero e tiranno, e gli ho disdettoIl non dovuto mio servigio.
Ai torviCavalieri asserenansi le fronti:
Esultan, cingon l'arrivato prode,
Gli stringono la destra, e per quegli oriDa lui recati, soverchiare omai
Veggion quanto al riscatto era mestieri,
E benedicon Dio.
Quel dì medesmoAndò il sir di Dogliani al regio campo;
La libertà ricomperò del prenceE de' figli di lui; volaron messi
A Cuneo, a Pinerolo: e nel seguenteGiorno redenti uscirono il felice
Padre dai torrïon che il Gesso bagna,
E dall'altra fortezza i giovinetti,
E si rïabbracciar con dolce pianto;
E dal suolo, natìo trasser raminghiCon Riccarda all'Insùbre ospitai reggia.
Gli esuli amati accompagnò Giovanni
Con altri pochi; e fra costor v'avea
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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