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      Ansïetà novella? Or si protendeA guardare in silenzio, or si dispera,
      E grida e trema di saper chi siènoQue' frettolosi. Omai discerne alfine
      Che non guerriera è la lor veste; e posciaSospetta, avvisa che l'un d'essi il giusto
      Presule sia col fido laico. Un dubbioNo, più non è; son dessi!
      A quella vistaLe ginocchia le mancano, ma i sensi
      Non perde ancor. La reggono le ancelle,
      E la misera esclama: - Ugo! tu vieniA me del padre ad annunciar la morte!
      Ma quando intese appo il castel d'Envìe
      Scalpitare i corsieri, allor sì grandeFu la tema e il dolor, che appieno svenne.
      Ahimè! spenta la credon qualche tempoLe ancelle e i servi. Alfine in sè ritorna,
      Ed entrar vede pallido, turbato,
      Lagrimoso il canuto.
      - Il padre mio...
      Parla... dov'è sua spoglia?
      - Ei vive ancora;
      Ma prigionier, ma dalla cruda leggeChe a morte danna i prigionieri, oppresso!
      - Oh sventurato! oh più felici quelliChe in battaglia cadeano! E tu a supplizi
      Lasci lui trarre? Intercessor non debbeUom di Dio farsi a disarmar le atroci
      Ire de' vincitori?
      - Ah! da te sono,
      O vergine, ignorati i vani sforziChe tentai da Tommaso! I suoi nemici,
      Or volgon pochi dì, sacrificaroBarbaramente dieci illustri teste
      Di ghibellin captivi. UniversaleNell'oste ghibellina è quindi il grido,
      Che gl'immolati abbian vendetta. ArrigoMorrà domane con nov'altri: il cenno
      Tommaso niega rivocar; respintoVenni da lui. Prova sol una or resta:
      Seguimi al campo: sforzerem l'ingressoDella tenda del sir; forse il tuo pianto
      Ammollirà il suo nobil cor, dai truciFatti d'alterna rabbia incrudelito.


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





Envìe Dio Tommaso