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      E negli sguardi suoi sì presso a morteIndistinti fulgean Cielo ed Inferno.
     
     
     
      IX.
     
      Bella fra tutte umane imprese è quellaDell'uom che avvampa di desìo di pace
      E di perdon, non per suo proprio bene,
      Ma per altrui! ma per servire a Dio,
      Ed alla dolce patria e ad infeliciCuori ch'egli ama e consolare anela!
      Tal nell'ire civili è il vostro uficio,
      O vegliardi autorevoli che all'araDel Dio di pace consecraste i giorni!
      Ecco arrivare al campo Ugo e Maria:
      E mentre del marchese al padiglioneVan rivolgendo accelerati i passi,
      Veggono appunto da catena strettoA fisso legno fra custodi Arrigo.
      Con qual pianto e quali impeti di gridaProrompe la fanciulla infra le care
      Braccia paterne! e qual celeste han suonoSue filïali tenere parole
      A genitor così infelice? Ei serraAl sen quella innocente; e sclama:
      - Oh gioia!
      Ma insana gioia! Oh nuovi affanni orrendi!
      Deh, perchè a me non li sparmiava Iddio?
      Non misero abbastanza era il mio fato,
      Ugo crudel? Tu qui la figlia traggiA vedermi morir!
      - Padre, ei mi traggeA salvare i tuoi dì.
      - Che? supplicandoCodardamente il vincitor maligno
      Di largirmi il perdon? Non sarà mai!
      La stirpe mia non annovrò guerrieriChe morir non sapessero da forti.
      D'espor ti vieto il virginal sembianteAl barbaro sorriso de' felici!
      Io so morir, io morir voglio primaChe la mia figlia a' piedi altrui si prostri!
      - Padre, lasciami: il so, ti disdirebbeDi coraggio scarsezza ai più tremendi
      Giorni della sconfitta, e se il nemicoTe immolar vuol, da prode cavaliero
      E da cristiano perirai pregandoNon gli uomini, ma Dio.


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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