Non riederò, buon genitor; pupillaEsser della tua fronte a chi s'aspetta
Se non a me? Forse pietà maggioreAssalirà dello sdegnato sire
Il cor, s'umano ha cor, prona a' suoi piediLa veneranda tua canizie e gli anni
Giovenili di vergine scorgendo,
Che colla vita del fratel la vitaChiede del padre.
Vuole opporsi Aroldo,
Ma mentre in barca ei scende, ella d'un balzoGià vel precede, e al consentir paterno
Fa cogli amplessi vïolenza, e l'ondePerigliose attraversano. Ma ov'era
L'Angiol del vecchio afflitto e l'Angiol tuo,
Generosa innocente? A voi non veloFecer colle tutrici ale a celarvi
Alla vista de' prossimi ladroniChe irrompono co' brandi alla rapina.
Voler divino ai nembi di sfortunaLascia possanza sovra i giusti un tempo;
Ma breve è il tempo sotto il sole, e arcanaNei patimenti una virtù Dio pose
Ch'anco i giusti migliora e a sè li innalza.
Sbandato di predoni era un drappello,
Che della guerra col favor raccoltoS'era d'Itale spiagge e di straniere
A rubamenti ed omicidii, alteroLinguaggio alzando di zelanti eroi,
Campioni della patria e di Manfredo.
S'azzuffan del baron coi fidi servi,
E nell'orrenda mischia ad uno ad unoDal soverchiante numero feriti
Vengon que' servi, e de' vincenti in manoSon le ricchezze che a comprar la vita
Destinava del figlio il cieco sire.
Intero un dì per boschi e per dirupiEi trascinato colla figlia venne,
Ma il manto della notte ai duo infeliciPrestò propizie tenebre, e dal mezzo
Del brïaco drappel de' masnadieriQuetamente si trassero alla valle.
Come lontani fur dall'empia frotta,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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