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      - O padre,
      Odi tu, disse, odi tu roco un suonoSimile al suon della bufèra o a quello
      Di molte acque correnti?
      Il vecchio capoEi soffermò, ed immemore un istante
      Delle sue angosce, alzò la barba e rise.
      -Oh di qual gioia quel fragor m'empieaNegli anni miei di gloria! È il campo, o figlia!
      Noto è ad orecchio di guerrier quel suono,
      Come voce di sposa al suo diletto.
      Un dì così fremente io il bellicosoAere appena sentia, sovra il mio scudo
      Battea forte l'acciaro, e dai precordiiMetteva un grido che atterrìa da lunge
      Del nemico le scolte. E i miei congiuntiDicean: "Voce è d'Aroldo, oggi si pugni,
      Chè dove è Aroldo, è la vittoria." Or fiacca
      È questa voce, e più la destra, e al breveGiubilo del guerrier tosto succede
      In me a quel suono il trepidar del padre.
      Proseguiro alcun tempo, e quindi Clara,
      Che sino allor söavemente a' dettiDel genitore avea frammisti i suoi,
      Incominciò a interrompersi, e risposteDar che, non conscio l'intelletto, un moto
      Parean sol delle labbra. A poco spazioVedea della distante oste per l'aure
      Quasi di nave altissimi duo piniElevarsi e ondeggiar, poscia fermarsi
      Come al suolo confitti. E secondataVenìa quell'opra da un clamor che il primo
      Clamor non era, ma or fischiante or rottoDa infami ghigni o da cupo silenzio.
      A' sensi suoi creder dovea? Le cimeParean gravate de' duo legni, e il pondo
      Che le gravava non scerneasi. UditoSpesso Clara ha di barbari supplizi,
      Ove ad appesa vittima lo straleDrizzano i bersaglieri, ed ottïen palma.
      Quei che divide dalle ciglia il teschio.
      Di tai supplizi un questo fora?


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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