- Deh, padre, ferma! a' piedi tuoi ten prego.
Io stessa innanzi andronne, e se Ioffrido
In vita è ancor, di novo al fianco tuoTosto mi rendo, ma te... O ciel! raddurre
Te vivo a casa allor io posso almeno!
- Sciagurata, che parli? Orrende coseForse tu vedi e a me non dici. Ovvero
Fra quelle voci che il mio antico orecchioNon distinte percuotono, tu scerni
Voci di morte e del fratello il nome.
Che vedi tu? Che al giovenil tuo orecchioPorta il tumultüoso aere d'atroce?
- Nulla, o buon padre. Ma t'arresta; pensaChe se tu, giunto appo i nemici, udissi
L'orribil caso... tu m'intendi... alloraOrfana forse rimarrei nel campo.
- Me perder temi, e non t'avvedi, insana,
Che scellerata è tua pietà? Egli muore,
E tu qui mi rattieni? Il varco sgombra,
Tel comando, obbedisci.
All'inusataIra paterna impaurissi Clara;
S'alzò. Con passi rapidi il camminoMisura il cieco, e strascinata quasi
La giovinetta il segue. Erasi spersaLa turba intanto che cingea i duo pini,
E presso a questi il padre e la sorellaArrivan di Ioffrido. Ella più volte
Erse il ciglio tremando, e insanguinateScorse due salme, e incontanente a terra
Ritrasse il guardo. E non varrìa sovr'esseFiso tenerlo ad indagar; chè franta
Han la coppa del cranio, e dal mozzatoLor sembiante piovea cèrebro e sangue.
Ma quell'orrida vista e lo spaventoForza a' ginocchi tolgonle ed al core:
- Padre! dic'ella, padre!... E qui stramazzaA' piè d'Aroldo.
E mentre brancolandoCol caro pegno tra le braccia fugge
D'in mezzo della via, però che uditoBrigata di cavalli ha scalpitante
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Ioffrido Clara Ioffrido Aroldo
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