Che al maestoso inceder cavalieroParea e mendìco a' finti panni, il volto
Pria si coverse, indi con pronti passiBalzar tentò fuor della soglia, a guisa
Di mortal che, caduto in impensatoOrribile periglio, aneli scampo.
Ma nella mossa impetuosa a luiManca il fievole spirto, e piomba a terra.
Clara il soccorre, il mira, ed alla negraRicciuta barba e al crine ella il ravvisa.
Chi era? Chi!... Manfredo! il già possenteDesolator della sua patria! il ladro
Che alla corona del nepote osavaStender la man sacrilega, e sul capo
Inverecondo imporsela, e i dirittiCalpestar più sanciti, e di Saluzzo
Dirsi benefattor, serva a stranieriBrandi facendo la natìa contrada!
Fortuna alfin l'abbandonò: fuggiascoDa compiuta sconfitta è l'empio sire,
E per sottrarsi agl'inseguenti ferriEi s'è imboscato in varii lochi, e ignote
Calcò deserte rupi. Indi pel sangueNella pugna perduto e per la rabbia
Gli s'era da brev'ora intorbidatoSì fattamente il lume del pensiero,
Che mal sapea dov'ei movesse, e giuntoEra ai campi d'Aroldo altra credendo
Sponda toccar. Qui più dal dolce tempoD'adolescenza riportate mai
Non avea l'orme, ed alberi e tuguriiMutato avean l'aspetto della terra.
Sol quand'ei vide Clara, appien le soglieRaffigurò d'Aroldo, e se bastata
A lui fosse la possa, ei rifuggìa.
Manfredo! e senza guardie! e semivivo,
Sotto il tetto dell'uom cui trucidatoNon in battaglia, ma in supplizi ha il figlio!
Clara il conosce, e mentre a lui gli spirtiI famigli richiamano, ella corre
Alle stanze del padre, e già già quasiA lui così sclamava: - Esci, un prodigio
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Saluzzo Aroldo Clara Aroldo
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