Mise queste parole: - Aroldo! Aroldo!
Tu sol Manfredo hai vinto. Io del perdutoSeggio e de' vituperi onde vo sazio,
Consolarmi potrò; non potrò maiConsolarmi d'aver tua nobil alma
Col più truce rigore insanguinata.
Udì il vecchio baron quel forte grido,
E balzò dalla seggiola esclamando:
- Figlia! il nemico nostro! il maledettoUccisor di Ioffrido!
E sul rugosoPallido volto del canuto il foco
S'accese del furore. A' piedi suoiClara gettasi allora, e gli palesa
Ciò che d'oprar le ispirò Iddio.
- No, Iddio
Questo non t'ispirò! prorompe Aroldo;
Manfredo è un empio! ei di dominio setePortò infernal su queste invase terre,
Che al suo nepote, a lui sovrano, tolse!
Infame della patria e del suo prenceManfredo è traditor. Per sollevarsi
Sulla sede non sua, trasse alleatiE Provenzali e Càlabri e venduti
Guelfi di tutta Italia allo sterminioDe' nostri feudi e delle nostre plebi,
E incenerì Saluzzo!... e il figlio mio,
Il figlio mio su scellerata croceA' carnefici suoi diede bersaglio!
Lunga e tremenda di rammarco e d'iraFu l'eloquenza dell'antico. A lui
Clara abbracciava le ginocchia, e santiDetti porgea con supplice dolcezza:
- Le iniquità punir sol puote Iddio;
Noi non possiam sul misero fuggiascoPunirle coll'acciar: solo a punirle
Una guisa n'è data, ed è il perdono.
Càlmati, o genitor; pensa che o degnoPer penitenza diverrà Manfredo,
O, rimanendo iniquo, a lui carboniSaranno inestinguibili sul core,
Giusta il dir dell'Apostolo, i rimorsiE fra l'alme perverse il danno eterno.
A Dio il giudicio! a noi l'umil dolore,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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