E il benefico palpito e l'eccessoDella pietà non sol sugl'innocenti,
Ma pur sui rei, perocchè tutti d'uopoDel perdono di Dio morendo avremo!
- Oh mia figliuola! sclama alfine Aroldo,
Ti benedico; santamente oprasti!
L'alza, al petto la stringe, e lagrimandoMercè le rende che alla prova il senno
D'esacerbato padre ella non mise.
Un dì alle torri del baron fu vistoGiungere di Manfredo un messaggero
Da lontana contrada, e apportatoreVenìa di ricchi doni. Eran tre lune
Che pace avean l'ossa d'Aroldo, e mutoEra il castello, ed in vicino chiostro
Cinta di sacre lane, i dolci salmiL'orfana, per la cara alma del padre
E del fratel, tutte le notti ergea.
ROCCELLO.
Cantica.
M'era sembrato si potesse fare una specie di romanzo in due o tre volumi, dipingendo un generoso cavaliero italiano del secolo decimoquarto, il quale visitasse una dopo l'altra le varie dominazioni in cui stava divisa la nostra penisola, e così si disingannasse di molti sogni. Provatomi a tal lavoro, incontrai troppi scogli, stante l'obbligo che ha di svolgere con minutezza molti argomenti chi assume lunga prosa relativa a punti storici. Convertendo il soggetto in cantica, tutti i quadri si sono impiccioliti; ma forse così il lettore non avendo tempo d'annojarsi, potrà meglio afferrarne le armonie morali.
Ogni cosa veduta dal mio Roccello nella Italia de' suoi tempi è esattamente storica.
ROCCELLO.
Nec memor eris iniuriae civium tuorum.
(Levit. 19.18).
Oh sospirato d'indulgenza alternaMalagevol ritorno, allor che fiamma
Di discordia civil tocche ha l'irose
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Dio Aroldo Manfredo Aroldo Roccello Italia Levit
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