- Grandi ti dicoAvverran cose in questo secol. Rozza,
Ignara del presente e del futuro
È la nostra Saluzzo; io nella sedeDegli operanti e de' veggenti spirti
Nato a viver mi sento.
- Udite, o sire...
- Taci.
E Gilner tacea; ma affettuoseOcchiate indietro qua e là gettava
Ai Saluzzesi campanili, ai poggiChe dalle mura estendonsi con tanta
Varïetà e vaghezza di contorniPer le verdi convalli, ed agli acuti
Gioghi che più remote alzan le testeCoronate di neve. A quell'aspetto
Sin da' prim'anni a lui sì caro, il mestoScudier sospira e brontola: - Contrade
Si cerchin pur simili a questa! Il mondoAlquanto anch'io stolidamente ho corso:
V'è un sol Monviso sulla terra, un soloGruppo di monti come quello, un solo
Pian che s'agguagli di Saluzzo al piano.
Su via, vediam quel de' Lombardi. Un tempoSo che di maestose ombre penuria
Patìa pe' molli prati, e su quel guazzoGiacean fetide nebbie. Or sarà, certo,
Ricco di piante al par di questo, e scarsoDi pantani e di febbri; e trasportate
Le bige nebbie si saranno oltr'Alpe.
- Gilner, non adirarmi: e quando ciecoTi parvi di mia patria alla bellezza?
Non questa fuggo, ma color che iniquoSu terra sì gentil traggon respiro.
Brontolava sovente il buon seguace,
E gemiti mandava, e sovra gli occhiTalor di furto colla destra il pianto
Mal compresso tergeva; e se Roccello
Vedea quel pianto, commoveasi anch'essoMa celava del dolce animo i sensi,
E si fea beffe di Gilner. - CinquantaAnni, e sei debol come donna!
- IngratoA mia terra non son, dicea con ira
Il rozzo Saluzzese: amo ed onoro
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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