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      Poser del saluzzese ospite, a segnoChe men trista gli parve una sciagura,
      Il non trovar tra' Milanesi amatiAlcuni volti consanguinei. Morte
      Ed esilio colpite avean più testeNe' giorni infausti in che Luchino ad uno
      De' suoi proprii fratelli, al bellicosoMarco, troncò le trame e in un la vita.
      Roccel creder non può che nell'orrenda,
      Storia del fratricidio il gran Visconte
      Da tiranno operasse. Ode assai boccheGiustificarlo ed attestar che il sire
      Dannò, costretto da giustizia e rischio,
      L'empio fratello, e in condannarlo pianse.
      Sol dopo trenta giorni al buon Gilnero
      Badò Roccello alquanto. - Il cor, signore,
      Quei gli dicea, voi nella reggia apriteAlle voci di tali infra i Lombardi,
      Cui prodiga Luchino ogni onoranza:
      Io parlo al popol. Di Luchino il regnoRegno è di frodi e sangue. Il trucidato
      Marco avea queste colpe: alti pensieriPel comun bene e invitta spada e senno.
      Tolta la vita all'innocente prode,
      Vite molt'altre caddero. Il terrorePer le vie di Milan muto passeggia,
      E questa in ogni dove or celebrataProsperità, è menzogna. A signoria
      Dritti non ha Luchino, e dove mancaLa possanza de' dritti, usasi il ferro.
      - Fole, Gilnero mio.
      - Fole? E l'indegnaDi Luchino alleanza oggi col rio
      Filippin de' Gonzaghi, uom che fregiatoDella corona mantovana obblìa
      Ogni fè signorile, e omai s'agguagliaCon sue perfidie ai masnadier più vili?
      Udiste pur di Filippin l'infameSovr'Obizzo degli Esti tradimento,
      Promettendogli il passo, e su lui quindiCon oste scellerata prorompendo
      Che fe' de' pellegrini ampio macello?
      Vero, inaudito, orribile misfatto


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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino
1837 pagine 291

   





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