Mentovava Gilnero, e collegatoCol truce sire infatti era il Visconte.
- Taci, dicea Roccello al temerarioRagionator. Ma breve tempo quegli
Ammutolisce e a mormorar ripiglia:
- Luchino un grande cavalier? LuchinoDegno di regio serto? Il salvatore
Ei dell'itale glorie? Alma villanaMascherata da re! Col fratricidio
Non si pianta un impero a' dì cristiani.
Indarno ei rapinava una dop'altraCittà qui intorno tante, e si curvaro
Alla vipera alzata in sanguinosiStendardi Alba, Cherasco, Asti, Alessandria,
E intero omai s'arroga egli il Piemonte.
Gloria oggidì al ladrone, e doman forseLa fune al collo! Eroe lo chiaman oggi;
Doman da quei che gli movean più laudi,
Si scaglierà sulla sua tomba oltraggio!
- Taci! era il grido di Roccello ancora.
Ma ruminava ei di Gilnero i motti,
E scrutando iva poscia altri pensanti;
E a poco a poco discoprìa infeliceLa città Milanese, e fremebonda
Di rancori indelebili e di trame.
Vide egli stesso di Luchin nel tettoPaure e inimicizie ed immolate
Nobilissime fronti; e vide il sommoVate Petrarca abbrevïar l'ospizio
Largito a lui dal protettor Visconte;
E dalle labbra di quel sommo inteseQuesto secreto, spaventevol detto:
- Qui sovrasta ogni dì spada o veleno!
La bellissima Ligure Isabella,
De' Milanesi ammalïante donna,
Al Veneto san Marco un voto sciorreA que' tempi volea. Glielo consente
Il signor suo. Con sontüosa, immensaDi liete dame e lieti cavalieri
Cavalcante brigata ella al devotoVïaggio move(2). Italia mai non ebbe
Lusso più vago di monili e insegneE vesti ed armi e splendidi corsieri,
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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