Di trarmi a queste sponde. Il sai, prosapia
È d'eroi la Scaligera, e la insidiaQui della serpe Viscontèa non cova.
Dante Alighier, quel lume delle gentiChe passato e presente e avvenir seppe,
Com'esul fu dalla sua ingrata terraQui portò i passi, ed altre itale reggie
Non onorò sì lungamente. È famaChe l'ispirato ingegno presagisse
A questa prode casa alte fortune.
In Mastino ed Alberto io veramenteD'anime grandi e voci e modi scerno.
- Signor, non volge lungo tempo, il guardoAccarezzante e astuto del Visconte
Apparìavi innocenza di colomba.
- Taci!
- Que' nomi di Mastino e Cane
Che di Verona usano i prenci, un segnoMi par di minacciosa indol cagnesca
Più che di santa carità e di pace.
Proseguiro il viaggio e finalmenteVidero la laguna e di san Marco
Le mura incomparabil. Il superboDoge e il Senato e innumerevol folla
D'uomini e donne illustri a Dea simileTenner la bella di Milan signora,
E d'onoranze pie la inebbrïaro.
Fulgeano i giorni dell'Ascensa e il riccoSfoggio di tutte merci e tutti giochi
E in Vinegia fervea gente di centoItale spiagge e greche e saracine;
E il portentoso Bucentor dai milleRemi indorati recò il doge in trono
Sulle sparse di fiori onde spumantiEd allor dalle dita il doge trasse
L'anel, gettollo, e si sposò col mare.
Più d'Isabella forse inebbriatoDa sì vaghi spettacoli era il core
Immaginoso di Roccello. - Oh primoPopolo di quest'orbe! Oh manifeste
Testimonianze d'opulenza e regnoChe crebbe e cresce e crescerà. Oh ridenti
E colte labbra anco del volgo! Oh dolceD'amor linguaggio e d'intima blandizie
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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