- M'era avvezzato,
Sire, a quelle bell'onde, a que' bei colli,
A quel sublime anfiteatro, a quellaCavalleresca, franca indol soave
Della incorrotta Veronese stirpe.
E da lei ci togliam? Sire, io non pensoChe pur qui v'abbian detto: "Ite in mal'ora".
- Temerario!
- Ma dunque...
- Ognor vaghezzaDi Fiorenza ebbi, e visitarla or voglio,
E so ch'ella Verona in pregio vince.
- Bel pregio, parmi, esser madrigna atroceA quel re de' poeti, onde cotanto
Italia e tutta umanità s'onora!
- Dell'Alighieri a' tempi incrudelivaParte malvagia entro Fiorenza; or pio
Vi campeggia stendardo, e all'Alighieri
Culto, siccome a patrio angiol, si rende.
Mossi i duo Saluzzesi ecco alla voltaDelle tosche amenissime colline,
E toccan pria le fertili campagneDell'Abdüano, e non si ferman, tanta
Ira colà nutrono i petti al nomeDi Filippin di Mantova tiranno;
E varcan per Ferrara, egregia sedeD'Obizzo Estense, ma laddove il ferro
Sempre sovrasta del vicin Gonzaga
E del Visconte, e queta alba non sorge;
E varcan per Bologna, ove l'acciaroStendon robusti i Pepoli, ma dove
Da' nemici de' Pepoli ogni notteS'alza tumulto, e pallidi il mattino
I passegger pacifici bagnateVeggion di sangue cittadin le vie,
Od appesi alle forche i ribellanti.
- Salve, Fiorenza! un dì sclamò Roccello
Con ardente esultanza, allor che alfineVide sulla pendice i generosi
Tetti della repubblica più arditaChe in cor d'Italia splenda. A te serbata
Di tutta Etruria è signorìa secura,
Dacchè il ciel maledetta ha l'esecrandaTorre di Pisa, ove perìan di fame
I figli d'Ugolin: Pisa, già donna
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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