Carnificina sino all'alba; e posciaEcco feste e clamori di vittoria,
Ed a suono di trombe un proclamarsiFelicità, cui mischiasi condanna
Di scure o strozzamento a' reggitoriChe regnavano ier, se alcun di loro
Fia che al notturno scempio anco sorvivanEd insiem si proclama uno stupendo
Magistrato di plebe imperadrice,
Tutto saggezza e libertà e confische,
E carità di patria e manigoldi.
In tal trionfo di giustizia e sennoRoccello e lo scudier venner percossi
E ingiurïati e rapinati, e a stentoSalvo recàr lunge dall'Arno il capo.
Frenar Gilnero or chi potea? - VillanaDi beccai libertà! sozza di schiavi
Sollevati repubblica! Ed è questaDell'itale divine arti la terra?
La degna patria d'Alighier? la genteChe se vivo il dannò, morto l'adora?
Oh! nella schietta saluzzese lingua,
Razza di!...
- Taci; andiamo. Oggi qui palmaPur troppo han colto i rei. Se piace a Dio,
Roma ci appagherà.
- Roma? NeppureIl Padre Santo più v'alberga!
- I tempiTrapiantavan la sede in Avignone,
Ma al Tebro, il sai, riede Clemente alfine.
- Quando vedrollo, il crederò: promessoDa molt'anni è il ritorno; ad impedirlo
Troppi s'adopran fra romani istessi.
Lasciamo, o sire, i vani sogni. Il mondoS'approssima al suo fin, tutto è rapina,
Fraude, eresia, bestemmia; e più si muta,
Più si peggiora. Un angolo men tristoIn quest'ampia penisola rimane
All'alme generose, ed è Saluzzo:
Colà si nasce ancor come nasceste,
Come nacqui io: garrula gente, ardita,
Prona ad afferrar brandi e a menar busse,
Ma larga di compianti e di perdoni.
Rivolto a Roma, non badò Roccello
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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Arno Gilnero Alighier Dio Padre Santo Avignone Tebro Clemente Saluzzo Roma Roccello
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