Al consiglier che lo seguìa cruccioso;
E più cruccioso, imperocchè per viaCose orrende s'udìan dell'empia stirpe
Onde in Ravenna uscita era Francesca,
La trucidata in Rimini infelice.
Regnava Ostasio, e morto questo, il sertoE i mutui dì s'insidïaro i figli
Con nere trame, ed un de' tre sgabelloFece a sua gloria i duo fratelli in ferri.
Odono i vïatori anco tragedieDe' Malatesti a Rimini imperanti,
E de' tiranni di Forlì Ordelaffi,
E de' Trinci in Foligno, e delle ventiSchiatte di masnadieri insignoriti
Di Romagna e di Marca e dell'anticoPatrimonio di Pier. Mille fïate
Più di pria sanguinose eran le gentiDi quel latino suol, dacchè lontana
La tïara gemea quasi captiva.
Sconfortato Roccel da tante vociDi sciagure e di colpe, arrivò un giorno
Alle sette colline, e messe appenaNella sacra città l'umili piante,
Andò ne' templi a lagrimar. Chi puoteNon lagrimar mirando Roma e tali
Di sua crollata possa orme famose,
Ed orme di miracoli e martirii,
E pur troppo fra i santi anco frammisteAlme d'Iscarïoti e di perenni
Del Figliuolo di Dio crocefissori!
E assai giorni Roccello e il suo scudiero,
Le romane basiliche ammirandoE le mille rüine e le vetuste
Effigie e le colonne e gli obelischi,
Alternàr gioia e lutto ed ira e schernoE penitenza e preci, ogni pensiero
Della terra obblïando oltre a' pensieriChe in lor destava la città rëina,
Afflitta sì, ma ognor rëina al mondoPer memorie e speranze e immortal ara.
A far vieppiù maravigliosa e grandeLa città de' portenti, ecco a tai giorni
Sorger Cola di Rienzo, uom che insanito
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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