Pareva e saggio, e invaso da potenzaNon si sapea se inferna o celestiale.
Abbietto di prosapia, alto d'ardire,
Vissuto in gravi studii, amico a' sommiDi dottrina e di cor, predicò, volle
Che da Avignon la Pontificia Sede
Sul Tevere tornasse, e poichè uditaNon fu sua voce, sguainò la spada,
Quasi guerrier profeta, e intitolossiTribuno e sire e correttor dell'orbe.
Tal fu l'audace senno o gl'incantesmiDel plebeo fatto eroe, che al suo comando
Patrizi e popol si curvaro, e plausiEbbe da re lontani, e il suo stendardo
Parve a Petrarca stesso il destinatoPer ristaurar giustizia e fede e pace.
Ratto elevossi e ratto cadde, e rattoS'elevò ancor l'incomprensibil forte,
Adorato e imprecato. Oh quante in essoL'alma fidente di Roccel sognava
Forze divine! Or nella vera patriaEi si credea de' generosi, e patria
A se medesmo Roma indi eleggea!
Sublimi, eterne gli parean le leggiDi quel re popolano: alme d'eroi
Pareangli tutti, e sommi ed imi, in Roma.
E che a Roccello non parea?... GilneroZufolava fremendo e intercalando:
- Cola di Rienzo il tavernar! costuiAver senno da Cesari! Albagìa
D'uom che impazzì su que' vetusti libriDi cui la gente il dice dotto, e breve
Reca stupor! ne ghignerem dimane.
E la dimane da Gilner predettaSpuntò non tarda. Il dotto imbaldanzito
Sol ne' volumi conoscea la grandeArte del regno, e in suoi pensier foggiava
Uomini antichi, ed ignorava il coreDe' respiranti, e gioco alto imprendea
Da giocator frenetico. TrasparveTra' suoi lampi d'ingegno al mobil volgo
La stoltezza di Cola, e fin que' lampi
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Poesie inedite
di Silvio Pellico
Tipografia Chirio e Mina Torino 1837
pagine 291 |
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