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      UnitiSempre saremo d'ora innanzi. Stanco
      Son d'ogni vana ombra di gloria. Ho sparsoDi Bizanzio pel trono il sangue mio,
      Debellando città ch'io non odiava,
      E fama ebbi di grande, e d'onor colmoFui dal clemente imperador: dispetto
      In me facean gli universali applausi.
      Per chi di stragi si macchiò il mio brando?
      Per lo straniero. E non ho patria forseCui sacro sia de' cittadini il sangue?
      Per te, per te, che cittadini hai prodi,
      Italia mia, combatterò; se oltraggioTi moverà la invidia. E il più gentile
      Terren non sei di quanti scalda il sole?
      D'ogni bell'arte non sei madre, o Italia?
      Polve d'eroi non è la polve tua?
      Agli avi miei tu valor desti e seggio,
      E tutto quanto ho di più caro alberghi!
      LANCIOTTO.
      Vederti, udirti, e non amarti... umanaCosa non è. - Sien grazie al cielo, odiarti
      Ella, no, non potrà.
      PAOLO.
      Chi?
      LANCIOTTO.
      Tu non sai:
      Manca alla mia felicità qui un altroTenero pegno.
      PAOLO.
      Ami tu forse?
      LANCIOTTO.
      Oh se amo!
      La più angelica donna amo... e la donnaPiù sventurata.
      PAOLO.
      Io pur amo; a vicendaLe nostre pene confidiamci.
      LANCIOTTO.
      Il padrePria di morire un imeneo m'impose,
      Onde stabile a noi pace venisse.
      Il comando eseguii.
      PAOLO.
      Sposa t'è dunqueLa donna tua? nè lieto sei? Chi è dessa?
      Non t'ama?
      LANCIOTTO.
      Ingiusto accusator, non possoDir che non m'ami. Ella così te amasse!
      Ma tu un fratello le uccidesti in guerra,
      Orror le fai, vederti niega.
      PAOLO.
      Parla,
      Chi è dessa? chi?
      LANCIOTTO.
      Tu la vedesti alloraChe alla corte di Guido...
      PAOLO.
      Essa...
      (Reprimendo la sua orribile agitazione.)
      LANCIOTTO.
      La figlia


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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