Di lei non sospettar.
LANCIOTTO.
Anco ingannarmiVorresti? Il pensier tuo scerno. Tu temi
Che un giorno in lei mi vendichi, in Francesca,
Nella tua amante: e or più desio men prendiChe? d'immolarvi non ho dritto? io regno:
Tradito sposo ed oltraggiato prenceSon io. Di me narri che vuoi la fama:
Di voi dirà: perfidi fur.
PAOLO.
La famaDirà: Qual colpa avea, se giovinetto
Paolo a Ravenna fu mandato, ed arsePel più leggiadro de' terrestri spirti? -
E tu quai dritti hai su di lei? VedutoMai non t'avea: sol per ragion di stato
La bramasti in isposa. Umani affettiNon diè natura anco de' prenci ai figli?
Perchè il suo cor non indagasti priaDi farla tua?
LANCIOTTO.
Che ardisci? aggiungi insultoA insulto ancor? No, più non reggo. (Mette mano alla spada.)
SCENA V.
GUIDO, FRANCESCA E DETTI
FRANCESCA.
(Prima di uscire.)
Padre!
Stringer l'arme li veggio.
GUIDO.
(Vuol prima trattener Francesca; quindi si frappone tra Paolo e Lanciotto.)
Ferma. - Ah, pace,
O esacerbati spiriti fraterni!
PAOLO.
Più della vita mi togliesti: pocoDel mio sangue mi cal, versalo.
FRANCESCA.
Il mioSangue versate: io sol v'offesi.
GUIDO.
Oh figlia!
LANCIOTTO.
Il sacro aspetto di tuo padre, o iniqua,
Per tua ventura ti difende. StattiFra le sue braccia: guai s'ei t'abbandona!
Obblierò che regia fu tua culla:
Peggio di schiava tratterotti. Infame
È l'amor tuo: più d'una schiava è infameUna moglie infedel... Questa parola
Forsennato mi rende. Io tanto amarti,
Tanto adorarti, e tu spregiarmi?... AlteroHo il cor, nol sai? tremendamente altero:
E oltraggi v'han, che perdonar non posso.
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Francesca Ravenna Mette Vuol Francesca Paolo Lanciotto
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