Nata foss'io, per quel riscatto un regnoDato t'avrei: ma ciò ch'io m'ebbi or pongo
Tutto a' tuoi piedi, e supplice scongiuroChe il mio Teodomir tu mi ridoni.
Donna, ravviso il tuo scudier. RecatoT'avrà il pregio in che tengo il signor tuo:
Nè mai per men del valor suo di tantoPeregrino giojel fia che mi spogli."
Deh! non macchiar tue forti gesta, o sire,
Schernendo gl'infelici: ecco non vileTesoro, e tu il gradisci: e fa' che priva
Di quanto io possedea, tranne il consorte,
Di mia miseria non curante, io possaOgni dì benedirti."
Olà mi seguaQuel convoglio al castel."
Trema e rimontaRosilde la sua mula, e a fianco a Otlusco
Dinanzi agli altri avviasi, e da lontanoGuarda con desiderio e con affanno
Quelle mura ove chiuso è il suo diletto.
Ma l'avaro ladron vede l'amoreE la bellezza della dama, e volge
Nell'astuto pensier nova perfidia.
Arrivano al castel: spiegansi i doni,
E Otlusco a sè venir fa il prigioniero.
Oh emozion de' due teneri sposiNel rivedersi! Udì Teodomiro
Ciò che a salvarlo fea Rosilde, e gioja,
Stupore e gratitudine è in lui tantaChe parole non trova. - Il sospettoso
Unno quel muto giubilar mirando,
Nosclama "non è ver, queste non sono
Vostre sole dovizie; in voi non foraSì poco duol nel perderle: al riscatto
Ben puon di te, o guerriero, esser bastanti,
Ma pari a questi quattro volte un donoVo' per la donna che prigion ritengo."
Piansero, supplicàr. BarbaramenteSono divisi, e dal castello a forza
Dagli Ungari cacciato è il cavaliero.
Che diverrà la misera? E ove maiTeodomir ritroverà tant'oro
| |
Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
|
|
Teodomir Otlusco Otlusco Teodomiro Rosilde Ungari
|