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      Qual dal perfido vuolsi? Il pio scudiereGli rammenta i congiunti. "Ah, i miei congiunti
      Possenti son, ma antiche guerre e invidiaA me feali inimici, e non che ajuto,
      Scherno n'attendo nella rea fortuna!
      Vendere il mio retaggio? E lenta č l'opra;
      Nč molto indi trarrei, poichč sė pingueGiā ne dič somma chi toglieali in pegno."
      Mentre varii nel cor volge pensieri,
      E un furibondo pių dell'altro, e tuttiFausti a vendetta sė, inefficaci
      A liberar la cara sposa - e mentreTenta indarno in agguato al masnadiero
      Toglier la vita - e mentre indarno ai prodiFrati guerrieri e all'armi piacentine
      Recasi e prega e stimola e, a gran rischioDi cagionar d'ogni prigion la strage,
      Pur li spinge a battaglia, e dieci volte
      (Con finti attacchi) in lontananza speraTrarre l'oste malvagia e della rocca
      Rapidamente impadronirsi, e sempreLa vigile degli Unni arte il delude -
      A investir la cittā pensa in segretoCon audacia incredibile il ladrone.
      Oh scellerata notte! Un tradimentoForse ad Otlusco aprė le porte: il ferro
      E il foco cinque giorni orribilmenteScorre per ogni via, per ogni chiesa,
      Per ogni ostello, e disperato sembraDel popol vinto il pių risorger mai.
      Nč per l'amor sol della preda esultaDi sue vittorie il barbaro: egli esulta
      Perocchč quanto pių temuto e forte,
      Tanto pių grande apparir crede al guardoDell'altera Rosilde. Il ferreo core,
      Non si sa come, al pianto di Rosilde
      S'era commosso, e in guisa ch'ei sul puntoFu alcune volte d'asciugar quel ciglio,
      Libera rimandandola al marito:
      E se eseguia il magnanimo pensiero


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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