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      Non avrebbe sol lei, ma seco tuttiI suoi tesori rimandati. Un giorno
      Alla stanza ei movea della dolenteCol nobile proposto, ahi! ma rivide
      Quelle angeliche forme, intese il suonoDi quella voce, e gli morì sul labbro
      La pensata parola, e generosoEsser più non potè. Parlò d'amore,
      E, ciò che mai sofferto ei non avea,
      I dispregi sofferse, e quei dispregiEran pugnali all'alma del superbo,
      Eppur chi li avventava era a lui caro.
      Nè degli altri prigion pari alla sorteDi Rosilde è la sorte. A lei l'uscita
      Sol tolta è del castel, ma le si donaE visitar gli altri infelici e alquanto
      Alleviar lor pene e dalla croceRedimer chi dannato era e taluni
      Render senza riscatto a lor famiglie.
      Con benefico intento e varia spemeVa serbando la vita, e all'esecrato
      Ladron si finge meno irata, e voltaTutta è a cercarsi occasïon di fuga.
      Ma maggior di lor possa è il breve sforzoDi gentilezza e di pudor nei vili;
      Parer grandi vorriano e oprar da grandiIncominciato appena avean - nel basso
      Sentiero ecco ricalcali natura,
      O abitudin d'infamia, o deliranteDe' sensi ebbrezza, o il giubilo del male.
      Prudenza e preghi e dignità e disdegnoPiù a Rosilde non val. Fra le volgari
      Delle coppe esultanze, il masnadieroMotti d'amor - ma temerarii - vibra,
      Ed orgogliosi (ah, il tuo bel nome, Amore,
      Non merta il foco de' profani!)
      O stolta,
      A che ostinarti contra il fato? E crediChe, dacchè l'ha perduta, in vedovanza
      Perenne stiasi il tuo primier compagno?
      Ah, ch'ei ben già di tua mancanza in braccioD'amante altra consolasi! A cercarti
      Forse riedea?


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





Rosilde Rosilde Amore