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      Ti vendica: le nozzeD'Otlusco accetta. Splendida ben altra
      Che non Teodomir t'offro ventura:
      Invitte squadre io guido, un regno innalzoCui le più ardite signorie curvarsi
      Dovran d'Italia: te possanza e pompaE adoramenti faran lieta, e madre
      Sarai di regi." (E in così dir con guardoinverecondo alla pudica un braccio
      Osa afferrar.)
      Deh, signor mio! Te irritoSe il passato rammento e i dì felici
      Che da te lunge io trassi: a sgombrar l'ireDal ciglio tuo, quindi in silenzio io pongo
      Il prisco ond'arsi immenso amor: ti bastiQuesto silenzio. E se ostinata speme
      Nutrir pur vuoi ch'amor novel me accenda,
      Fa' che d'atti tirannici e scortesiIo mai capace non ti scorga, e al tempo
      Lascia il mutarsi del cor mio."
      Tra umileE maestosa così parla: e tenta
      Allontanar pur quel terribil puntoCui già da lungo con preghiere e pianto
      S'è apparecchiata. - Mesi e mesi invanoSperò in Teodomir: più non ritorna.
      Nelle pugne sperò, ma invan: la palmaSempre è dell'Unno. Invan sperò d'aprirsi
      Qualche strada alla fuga: omai non restaScampo ad infamia, altro che un sol - la morte.
      A timid'alma arduo dover, la morte. -
      Ma non feroci tutte fur le donneDi cui l'alto morir narran le istorie.
      A talune, o pittor, forse tra quelleE maschi tratti e gigantesca possa
      E spirito guerrier dar non dovevi:
      E mite cor portavano, e formateEran solo ad amore, e d'una spada
      Inorridiano al lampo, eppure (oh grande,
      Oh ben più grande era virtù!) a dispettoDella dolce indol femminile, il seno,
      Anzi ch'a onore o amor farlo spergiuro,
      Colla tremante man si laceravano!


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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