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      Ahi giunta è l'ora per Rosilde! Un varcoEra all'audacia del fellon, quel varco
      Or più non è. Nè avvidesi ei che l'armiAppese alla parete ella adocchiasse:
      La parete adocchiava e già scagliataCol volo d'un baleno erasi a un ferro
      La generosa... allor che risonantiDi spaventose grida ode le sale.
      Due i momenti non furo: assaliti odeRosilde gli Unni, e un rapido pensiero
      Non mai previsto or le risplende, e il ferroChe in sè volger dovea, vibra al tiranno.
      Cade - e su lei rovesciasi - e quel ferroDal seno Otlusco a sè strappando il pianta
      Ed il ripianta dieci volte e in visoE nel fianco alla misera, e fra gli urli
      E i colpi e il duolo e le bestemmie ei spira.
      Tal nel castel la spaventevol scenaPresentavasi agli Ungari, allorquando
      Prorompea l'oste. Impugnano le lance,
      A far fronte s'accingon, ma l'orrendaMorte del condottiero e la sorpresa
      Sì gli atterrìa che immemori son fattiDell'antica lor possa e a vergognosa
      Fuga si dan per la campagna. - I prodiEsuli Piacentini al forte, fatto
      Duce Teodomiro, eransi spintiPerir giurando o vincere: e mai fermo
      Da moltitudin ciò non fu che tutti,
      Per quanto lunghi sien feri gli inciampi,
      Visti a crollar sotto ai suoi piè non li abbia.
      Ma come or sì poco ardua è la vittoria?
      Donde il terror de' barbari? Nè Otlusco
      Fu veduto pugnar.
      Parla un morenteUngaro e accenna del suo sir la sorte:
      Femminea man lo trucidò!
      Ai vincentiRaddoppiasi la gioja. - Ov'è la santa,
      La salvatrice della patria? - SchiuseSon le carceri: mischiasi col grido
      De' redentori il grido di cinquantaLiberati prigioni.


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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