E tu, Rosilde,
Che non accorri? Dove sei? Rosilde!
Diletta sposa!"
Ardea fosca una lampaNella gran sala. Spaventato n'esce
Il vecchio Ugger: nel suo signor s'incontra;
Ritrarnel vuol. Ma già Teodomiro,
Tra rovesciate mense e armi, scovertoHa l'immane cadavere d'Otlusco:
Con gioja gli s'appressa - oh vista! un altroCadavere ei copria! Rosilde -
E intantoChe il più infelice de' mortali esclama
Miserandi lamenti (oh mescolanzaChe drizzar fa le chiome!) urla di gaudio
Metteano, ignari i suoi compagni ancora,
E con festa il chiamavano: "A te dessiQuesta lieta vittoria! A' fuggitivi
Riposo non si dia! Guidane, o prode!
La città si riacquisti!" -
A poco a pocoCessa il giulivo dissonante strepito:
Il luttuoso caso odono: mutiReverenti s'affollano alla sala:
Tutti lor gioja oblian: l'egregia donnaMirano - e oh che pietà! quel cavaliere
Dianzi sì dignitoso, or nella polveE nel sangue si rotola ululando,
Nè più gli cal che forse altri il dispregi.
Ite, o felici: agevol cosa è omaiIl ripigliar la città vostra. Otlusco
Da costei fu atterrato... oh, ma vedeteLa generosa!"
E il sen tutto squarciatoDi Rosilde accennava e quelle care,
Or deformi sembianze: ed oltraggiandoIl fido Ugger che il contenea, una spada
Afferrava, ma indarno, onde svenarsi.
Riacquistò le sue mura il fortunatoPopolo piacentino. Ebber perenne
Del vedovo stranier cura i pietosiOspiti, ed a Rosilde a eterna gloria
In mezzo al foro alzaro un monumento;
E allorquando, tra pochi anni recisaFu dal dolor la vita di quel prode,
Chiuse le sue infelici ossa nell'arca
| |
Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
|
|
Rosilde Ugger Teodomiro Otlusco Rosilde Ugger Rosilde
|