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      Sale s'annunzia - o al genitor si rechi,
      O a visitar famiglio infermo - e Adello
      Sulla sua via si trovi, oppur da lungiTrasvolar l'abbia vista, ei di sè ignaro
      Palpita, e quasi un angiolo trascorsoIvi fosse e beato abbia quell'aere,
      Ei le sale ricalca ove Eloisa
      Passò e santificar sentesi il core.
      Ai conviti paterni, infra le anticheSue dame e il padre assisa - o accanto ad essi
      Passeggiando tra i fiori - o nella barcaChe a' giorni estivi a tarda ora per l'onde
      Va qua e là gli zefiri cercando,
      Della donzella i saggi detti ammiraIl giovine scudier: ma pochi sempre
      S'udian, nè quel silenzio era quel veloO infecondo o superbo; era quel velo
      Onde beltà pudica asconder credeI suoi tesori, e più pregiati e certi
      L'altrui commossa fantasia li adora.
      No, all'intelletto uman, o esterno mondo,
      Non sei bastante; esprimer tutto, indarnoAgogneresti, i sensi percotendo
      Co' tuoi colori e suoni: egli in su portaPiù grande un mondo - l'ineffabil regno
      Di quel principio che in noi pensa e scerneL'alta armonia delle create cose.
      In quel regno mental l'uomo adorandoContempla il bello, e più e più il vagheggia
      Qui, perchè in tutto il suo fulgor qui splende!
      Perciò di caste immagini è silenzioQuell'arcana vaghezza, onde men cara
      È talor la parola. - Oh, che mai sonoLe scritte bende, onde il pennel presunse
      Della madre di Dio dirti l'amore?
      Non le ingegnose bende, il sacro voltoDica al Figliuolo "Io t'amo:" ivi un indizio
      L'immaginante spettatore, e tuttaTroverà in sè di quell'amor la istoria.
      Ma quella possa, ohimè! ch'hanno le menti


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





Adello Eloisa Dio Figliuolo