Piansero insieme, e da quel dì miglioriSi sentir - benchè forse, ahi, più infelici!
Ella accenna infrangibil l'imeneoChe del suo padre la saggezza ha fermo,
E dice sacro quel dover che leggeA entrambi lor fa il separarsi e pace
Ricercar nell'assenza: e poi soggiungeCon enfasi gentil quanto l'uom possa
Sublime farsi nel dolor, se invittoAi colpi di fortuna animo opponga,
E più, se nel dolore ei sempre aneliA far sì, che ad un lito (ond'esul mosse)
Spesso la fama sua giunga e tai fattiNarri di lui, che ognun qui dire ambisca:
Io lo vidi, io 'l conobbi, ei mi fu caro!
Con più tenera voce indi Eloisa
Il rampogna che morte ei nelle primePugne minacci d'incontrar; gl'intima
Di viver -
Donna, ah da te lunge? -
ViviAlla patria, a' parenti... ed al conforto
Pur d'Eloisa!"
Questo detto ha fissoDel futur campion l'alto destino!
II.
Ben t'avvenga, o stranier, che non disdegniDel proscritto la stanza! Oh, il curïoso
Mio desir non t'offenda: avresti il suoloDi Verona toccato? o nulla almeno
Dell'infelice mia patria t'è noto?"
Verona tua, gran Valafrido, ancoraNon visitai, ma qui di Francia io movo
Per quella volta."
Adel così dicendo,
Una scritta porgeva: e con ossequio
(Mentre quei legge) osserva le sembianzeDell'eroe cui per molte cicatrici
Beltà non scema: è in Valafrido un mistoTal di guerriera cortesìa e fierezza
Che affetto ispira e in un tema e stupore.
Che? Tu del sir di Rocca Incisa alunno,
Di lui ch'a Eligi mio chiuse le ciglia? -
E dal felice tetto del vegliardoL'ardente febbre involati de' prodi,
Il bisogno di gloria?
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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