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      Ma alfinePrecipita il tiranno: a quella vista
      Sgomentati si sperdono gli sgherri:
      Grida di gioja il popolo manda - e Adello
      Trionfator, ma semivivo, cadeDe' suoi compagni d'arme infra le braccia.
      Dio quella vita ad altre angosce ed altreGlorie serbava: ma all'esauste vene
      Del campion di Verona a grave stentoRiedè salute.
      Un dì, al suo letto ei vedeInoltrarsi due duci. Uno ei ravvisa:
      È Valafrido. Di Lamagna i prenciQuesti trovato avea sì nelle interne
      Discordie avvolti, che niun d'essi curaPrender potea dell'itale fortune.
      Oh come Valafrido i dolci amplessiRende al ferito eroe! come gentile
      Dal labbro suo suona la lode al forteFatto d'Adel! Nè men commosso e onesto
      Favellando applaudìa l'altro guerriero.
      Il magnanimo zio di Sigismonda
      Quegli è che ad onorar venne l'ignotoDella nipote redentor: - Più giorni
      Con delicata indagine il vegliardoSpiò se in cor d'Adel fiamma d'amore,
      Eccitatrice d'alte gesta, ardessePer l'augusta donzella, e dagli accorti
      E amici detti un raggio tralucea,
      Qual di desio che Adello osi a tai nozzeElevar sue speranze.
      Il perspicaceGarzon di quel linguaggio i sensi intende:
      Ma cortesìa vuol che li ignori, e apertoScansi rifiuto. Quindi uopo tingendo
      D'amichevol conforto e di fidanzaA sollevar del mesto animo il pondo,
      Con fil e candor narra al buon vecchioL'umile istoria de' suoi giovani anni,
      E il foco inestinguibile che incesoLe virtù d'Eloisa e la bellezza
      Han nel suo petto, e tutto dice - tranneChe riamato ei sia. - Ben gli era nota
      La sfolgorante venustà e la dolceAlma di Sigismonda, e come i prenci


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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