Atterria lampeggiando; ed in un puntoFu su roccia dell'alpi. Ivi gigante
Si soffermò, e da questo lato i campiDella lieta penisola mirando,
E dall'altro le selve popoloseDe' boreali, l'una all'altra palma
Battè plaudendo al sovrastante luttoD'entrambo i regni, ed esclamò: - Vittoria!
La più squisita voluttà del malePensò un momento qual si fosse, e al giusto
Fermò ignominia cagionar per mano...
Di chi? - D'amico traditore! Il colpoPiù doloroso e a dementar più adatto
Chi molto amando irreprensibil visse!
- Un Giuda voglio! Il dèmone ruggiaGiù dall'alpe scagliandosi e correndo
Pe' teutonici boschi, e visitandoCon infernal, veloce accorgimento
Città e castella.
Iva ei cercando l'uomo,
In cui scernesse il dolce volto, e i dolciAtti, e l'irrequïeto occhio geloso
Del venditor di Cristo; e non volgareMente si fosse, ma gentil, ma calda
Di lodevoli brame, ed inscia quasiDi sè si pervertisse, e vaneggiasse
D'amor per tutte le virtù, e seguirleTutte paresse, e infedel fosse a tutte.
Tale, od un vero giusto esser doveaChi affascinasse d'Ebelino il core;
E Sàtan nol trovava, e con dispregioMaledicea la lealtà nativa
De' figli del Trïon, popol rapaceNelle battaglie, e in sue pareti onesto.
Ma quando già il crudel quasi dispera,
Ecco s'incontra in uomo onde il sembianteTosto il colpisce; e fra sè dice: - "È desso!"
Ed esulta, e più guata, e vieppiù esulta.
Quel benedetto dall'orribil genioEra un prode straniero, e fama tace
Di qual progenie, e nome avea Guelardo.
Sul suo destrier peregrinava, e ladriOr assaliva, degli oppressi a scampo,
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Giuda Cristo Ebelino Sàtan Trïon Guelardo
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