Or dispogliava ei stesso i passeggeri,
Se mercadanti, e più se ebrei. Nè spoglioPur quelli avrìa, se a povertà costretto
Non l'avesse un fratel, che del paternoRetaggio spossessollo.
A che di boscoIn bosco errasse, ei non sapea. Sperava
Dal caso alte venture, e perchè tardeErano al suo desìo, volgea frequente
Il pensier di distruggersi; e più volteDall'altissime balze misurava
Coll'occhio i precipizi, e mestamenteRideagli il core, e si sarìa slanciato
Nelle cupe voragini, se voce,
O aspetto di mortali, o speranze altreNon l'avesser ritratto.
- O cavaliere,
Salve.
- Scòstati, scòstati, o romito;
Oro non tengo.
- Ed oro a te non chieggo;
Ben d'acquistarne santa via t'accenno.
Vile è il mestier cui t'adducea sciagura,
Ma nobile è il tuo spirto. A me tue sortiOcculta sapienza ha rivelate:
Vanne a Bamberga; ad Ebelin ti mostra:
Grazia agli occhi di lui, grazia otterraiA' clementi occhi del regnante istesso.
Così Satan, e sparve.
Incerto è quegliSe fu delirio o visïone. Al cielo
Volge supplice il viso: in cor gl'irrompeDe' suoi misfatti alta vergogna; aspira
A cancellarli, e quindi in poi di tutteVirtù di cavaliere andare ornato.
In quel fervor del pentimento, incontraUn mendico, e su lui getta il mantello,
E sen compiace, e dice: - Uom non m'avanzaIn carità e giustizia.
E Sàtan rise,
E non veduto gli baciò la fronte.
Alla real Bamberga andò Guelardo,
Mosse alle auguste soglie, ad Ebelino
Supplice presentossi, e pïamenteDa quella bella e grande alma si vide
Ascoltato, compianto, e di non tardaAïta lieto. Un fascino infernale
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Bamberga Ebelin Satan Sàtan Bamberga Guelardo Ebelino
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