Svolse di novo al tentatore amico:
Qua la turpezza del tradir, là i vaniSforzi a potenza e gloria, ove bruttata
È nazïon da lunghi odii fraterni.
Negli aneliti suoi s'ostinò il coreDi Guelardo in quel giorno, e seguì poscia
A ridir con sofistica, inesaustaFacondia per più dì l'empie sue brame;
Sì che non poche volte il generosoEbelino in resistergli, dal mite
Considerare e dai soavi dettiPassò a dogliosa maraviglia e sdegno.
Turbossene colui, ma il turbamentoAscose e il disamore, e da quel tempo
Crescente invidia in sen covò tremenda.
Novi succedon fortunati eventi,
Ch'ognuno attesta glorïosi al sennoDell'ottimo Ebelin; ma più Guelardo,
Come negli anni primi, or della gloriaDel suo benefattor non va giocondo.
Ei con geloso sospettante ciglioMira la sua grandezza, e superarla
Vorria e non puote; e detestando, sognaDall'amico esser detestate; e pargli,
Laddove pria si belle in Ebelino
Virtù vedea, più non veder che scaltraIpocrisia. De' pervertiti è proprio
Non credere a virtù; d'ogni più certoGeneroso atto dubitar motivi
Turpi, ed asseverarli: in ogni etadeCosì abborriti fur dal mondo i santi.
Da quello stato di rancor, di menteOgnor proclive a gettar fango ascoso
Sovra l'opre del giusto, è breve il passoAd assoluto di giustizia scherno.
In Lamagna Guelardo ad altri uffiziDi grande onor da Ottone è richiamato,
Mentre Ebelin nell'itale contradeResta moderator. L'ingrato amico
Sospetta ch'Ebelino abbia con arteTal partenza promosso, a fin di trarsi
Uom dal cospetto che in secreto esècri.
Del congedo gli amplessi ei rende a quello,
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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