Ma senza avvicendar come altre voltePalpiti dolci di desìo e di pena.
Infinto ei crede ogni atto ed ogni accentoDel più sincero degli umani, e parte
Coi fremiti dell'odio, e maturandoDi non avute offese alta vendetta.
- Cieco tanto io sarò che vero estimiSuo rifiuto ai ribelli? Or che si vaste
Son le congiure? Or che da lunghe e infausteGuerre è stanco l'impero? Or che d'illustre
Nome a capitanarla, e di null'altro,
La penisola ha d'uopo? Or che oltraggiataDalla superba, greca, invida nuora
È quell'antica d'Ebelin fautrice,
La vantata Adelaide, che alle umìliOmbre de' chiostri dalla reggia mosse?
Or che Tëofania palesementeLacci a lui tende e sua rovina agogna?
Il menzogner di me diffida: i viliDiffidan sempre! Allontanarmi volle
Non senza mira ostil: me di qui togliePer regnar sol, per non aver chi forse
Sua sapïenza e sue prodezze oscuri.
All'amico ei rinuncia; ei nelle schiereDel suo tradito Imperador mi brama,
Nelle schiere d'Otton, contro a cui l'astaScaglierà in breve; e tanto orgoglio è in lui,
Che nè lo sdegno mio, né la sagaciaNon teme, né il valor! Perfido! io mai
Stato non fora a tua amicizia ingrato;
Alla mia ingrato ardisci farti: trema!
Valor non manca al vilipeso e sennoDa smascherar tua ipocrisia. Ludibrio
Ne fur bastantemente il sire, i grandi,
Le sciocche turbe, e insiem con loro io stesso!
Così nel suo vaneggiamento infameS'agita l'infelice, e non s'accorge
Che il re d'abisso più e più il possede;
Così travolve le apparenze ogn'uomoChe a livor s'abbandoni:
Ecco Guelardo
Giunto ai reali di Bamberga ostelli;
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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Ebelin Adelaide Tëofania Imperador Otton Guelardo Bamberga
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