Eccolo assaporante i nuovi onori,
Ma com'egro che, misto ad ogni cibo,
Sente l'amaro della propria bile.
Più sovra il labbro di Guelardo il nome,
Come già tempo, d'Ebelin non suona,
O su quel labbro se talvolta suona,
Laude non l'accompagna, e il favellanteImpallidisce, e torvamente abbassa
La pensosa pupilla irrequieta,
E la rïalza sfavillando; e ognunoScerne che di compressa ira sfavilla.
Del mutamento avvedasi esultandoTëofania, s'avvedono i suoi fidi,
E al convito di lei con gran decoroVisto sovente è quel Guelardo assiso,
Ch'ella tanto agli scorsi anni abborria.
Ordiscono essi alcuna trama insiemeContro al lontano giusto? o la perfidia
Tutta covossi di Guelardo in petto?
Un dì da quel convito esce il fellone,
E quasi esterrefatto si presentaAgli occhi del monarca, e a lui si prostra,
Ed esclama: - Ebelino è traditore!
Le rivolte fomenta; alla coronaD'Italia aspira: sciolta è l'amistade
Che a lui mi strinse! Eternamente è sciolta!
E false carte adduce in prova, e adduceDi vili già ribelli, or prigionieri,
Menzogne tai, che faccia avean di vero.
Ed il monarca trabalzò, fu vintoDalle inique apparenze. Esitò ancora,
Dubitar volle novamente; a novoEsame ripiegò la scrupolosa
Afflitta anima sua; ma le apparenzeTrionfaron più orrende e più secure.
Indi egli irato invia turba di sgherriAll'italo paese, onde sia tratto
Carico di catene il formidatoDuce a Bamberga.
L'innocente duceStanza a que' giorni avea in Milan. Posava
Una notte, ed in sogno a lui s'affacciaLo stuol de' cari, in varia guerra estinti,
Fratelli suoi, col vecchio padre; e il padre
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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi 1840
pagine 149 |
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