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      Ben or ti sta de' tuoi servigi il premio! -
      Qual più schietto prorompe: - Erami noiaUdir chiamarti il giusto; alfin delitti
      Potrem di te sapere ed abborrirti!
      Quant'è lunga la via sino a' confiniDelle italiche valli, Ebelin tacque
      Degli spregi sofferti. Allor che in cimaDell'alpe fu, rivolse gli occhi, e alzando
      Le incatenate braccia, - Oh maledettaTroppo da' vizi tuoi, misera patria,
      Sclamò, non io ti maledico! Il cieloFigli ti dia che s'amino fra loro,
      Ed amin te com'io t'amava e t'amo,
      E più di me felici acquistin gloriaSenza espïarla con dolori e insulti!
      - Maledicila! gridagli all'orecchioUna voce infernal.
      - Ti benedicoL'ultima volta! ripres'egli.
      E pianseSiccome pio figliuol sulla ignominia
      D'una madre infelice; e gli sovvenneQuanto già quella madre avea prefulso
      In virtù fra le genti, e a depravarlaQuante cagioni eran concorse! E grande
      Su lei di Dio misericordia chiese;
      E dal dolce aer suo, dalle ridentiTutte illustri sue sponde, ei nè le amanti
      Ciglia diveller, nè il pensier poteva!
      Satan che indarno occultamente spintoAvealo ad imprecar la patria terra,
      Urlò di rabbia le sue preci udendo;
      E di Lamagna per alture e pianiCorse con questo grido:
      - È alfin cadutoL'italo malïardo, il seduttore
      De' nostri augusti, il protettor di quantiDi Lombardia traeano ad impinguarsi
      Sul germanico suol, genìa predaceOnde la tanta povertà cresciuta
      In quest'anni da noi! Tutti Ebelino
      Nostri tesori al lido suo recava,
      E colà un trono alzar voleasi, alloraChe ad atterrar le ribellanti spade
      Inetto fosse per miseria Ottone?


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Poesie scelte
di Silvio Pellico
Edizioni Buadry Parigi
1840 pagine 149

   





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